Per una solidarietà cosciente
La nascita, lo sviluppo
e l’articolazione del sistema della cooperazione trentina, si deve all’opera
infaticabile ed allo spirito profetico di un sacerdote giudicariese: don
Lorenzo Guetti. Era in quest’opera che credeva anche mio padre
(nella foto) e ad essa ha dedicato tutta la sua vita. Devo a mio padre tale
amore e i sentimenti che da sempre animano il mio pensiero e hanno animato la
mia passione politica.
Festa
del Socio: 24 ottobre 1971
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Vorrei ricordare l’attualità dei principi di fondo di cui don Lorenzo Guetti è stato portatore e testimone, credibile e creduto, specie tra persone semplici e umili, con le quali ha saputo avviare un percorso di liberazione e di affrancamento dalla povertà e dalla condizione di subordinazione, riprendendo alcune delle sue parole dalle pagine dell’Almanacco Agrario1 del 1898:
“Noi non facciamo né politica, né propaganda di combattimento o di lotta in tutto questo nostro movimento cooperativo; noi raccogliamo gli uomini trentini di buona volontà, li uniamo agli scopi segnati in statuto, e li sosteniamo a realizzarli nel miglior modo possibile. Con questo nostro procedere tutti sono accorsi a noi, tutti ne sono soddisfatti; noi continuiamo nella via seguita fin qui, persuasi esser l'unica via possibile e fruttuosa nel nostro Trentino il quale ha bisogno di unione e non di discordia; di lavoro assiduo che aumenti le poche forze che possiede, e non le diminuisca; di azione caritatevole che colleghi in uno tutti i ceti di persone, non di zelo intemperante che disperda e divida a tutto beneficio di avversari che vivono a spalle nostre già da tempo col motto divide et impera”.
Da tale messaggio emerge
un’idea di cooperazione non solo finalizzata al riscatto delle campagne, ma
centrale per un progetto di solidarietà che rimane attuale anche oggi. In don
Guetti vi era la consapevolezza del carattere innovativo intrinseco alla
cooperazione. Non fu un fatto casuale il sorgere e il diffondersi sul
territorio del modello cooperativo in modo così repentino e massiccio. La
“cooperazione” richiede tuttavia, oggi come allora, un atteggiamento di fiducia
e di disponibilità reciproche, nonché di responsabilità solidale, che possono
mettere radici e crescere solo su un terreno culturale maturo. Il movimento
cooperativo rappresenta ancora una delle poche realtà locali che possono
svolgere efficacemente una funzione unificatrice sul territorio, riuscendo
contemporaneamente a sfruttare una rete di interconnessioni già esistente a livello
europeo e a mantenere aperto in tal modo un valido canale di comunicazione. In
questo quadro, la cooperazione è compatibile con il concetto di sostenibilità
e conservazione dell’ambiente oggi
ovunque sempre più sentito, per consentire in primo luogo la
difesa e la salvaguardia della salute delle persone e per fornire in secondo
luogo adeguate soluzioni per creare nuovi impieghi e posti di lavoro.
Ancora oggi tuttavia il
profitto e l’interesse personale fanno passare in secondo piano i principi che
da sempre hanno contraddistinto il movimento cooperativo: è indispensabile
coniugare l’eco-efficienza con l’eco-sufficienza, perché efficienza e
sufficienza sono due approcci indispensabili e complementari. L’efficienza in
se stessa non può essere il criterio dominante: il guadagnare denaro sembra sia
diventato fine a se stesso, ma in questo modo viene stravolto completamente il
senso dell’economia, perché economia significa sì cercare di raggiungere un
determinato fine con il minimo dispendio possibile, ma il concentrarsi
esclusivamente sulla riduzione dei mezzi vuol dire perdere di vista i fini.
L’economia ha bisogno di nuovi obiettivi da conseguire e la società ha bisogno
di obiettivi ecologici, di obiettivi sociali e questi scopi vanno raggiunti
contenendo gli sprechi. Solamente seguendo questa linea di azione gli obiettivi
raggiunti diventano un vero guadagno, ma il guadagno non può essere lo scopo.
Per tale ragione don Guetti esortava continuamente i soci ad affidare la guida
delle proprie società cooperative ai cosiddetti “galantuomini”, invitandoli a fare
scelte apartitiche, indipendenti da qualsiasi influenza parentale e svincolate
dagli interessi privati: “Qui
è tutto cosa di fiducia e di piena fiducia; è il galantuomo che vota pel
galantuomo”. Il costante appello all’etica negli affari ripetuto con perseveranza da don
Guetti, non fa parte del passato: l’etica nell’economia è condizione indispensabile per lo
sviluppo dell’economia del futuro. A tale scopo è necessario comprendere che
l’integrità e la rettitudine sostenute dal sacerdote giudicariese non
rappresentano affatto delle categorie morali tipiche esclusivamente di un
modello ottocentesco. In proposito è inoltre di fondamentale importanza capire
che il bene comune non può ridursi solamente ad una
formula matematica che prevede la somma dei singoli beni di ogni persona e che
allo stesso modo i valori, nella mentalità d’impresa, non ostacolano la
produttività aziendale e non confliggono nemmeno con i risultati positivi dei
bilanci, ma anzi efficienza e solidarietà sono strettamente interconnesse.
In tale prospettiva, diventa indispensabile la formazione
di persone responsabili, per poter riproporre concretamente
alle nuove generazioni, un modello economico che consenta la coesistenza
dell’efficienza e dei valori e principi solidaristici, ponendo poi su questi
ultimi le fondamenta dell’intera struttura.
Come testamento,
all’interno dell’Almanacco Agrario,
don Lorenzo Guetti lascia una riflessione - dominante nel suo pensiero - per
descrivere come dovrebbero essere tali persone responsabili: “(…) uomini simili ai primi [fondatori] per giustizia,
rettitudine, disinteresse e amore del bene comune. Uomini che vogliono il bene
della società, dimenticando il bene proprio individuale e qualsiasi altro fine
secondario”. Si dovrebbe parlare di uomini e
donne al
servizio della collettività, dei quali ci sarebbe ancora bisogno oggi, forse
più di allora, anche nella politica. Le vicende della cooperazione trentina
possono quindi costituire un punto di riferimento anche per il futuro che ci attende, tenendo sempre presente che alla
fine della nostra vita non ci verrà chiesto se siamo stati credenti, ma se
siamo stati credibili.
IN MEMORIA DI DIETRICH BONHOEFFER/1
Giovedì 22 aprile 2010, ore 18.48
"(...) E' buio dentro di me,
ma presso te c'è la luce,
sono solo, ma tu non mi abbandoni;
sono impaurito, ma presso di te c'è l'aiuto;
sono inquieto, ma presso di te c'è la pace;
in me c'è amarezza, ma presso di te c'è la pazienza;
io non comprendo le tue vie, ma
la mia via tu la conosci (...)".
Tratto dal testo Resistenza e resa , Preghiere per i compagni di prigionia (1943)
IN MEMORIA DI DIETRICH BONHOEFFER/2
martedì 4 maggio 2010, ore 11.23
“Per il bene la stupidità è un nemico più pericoloso della malvagità. Contro il male è possibile protestare, ci si può compromettere, in caso di necessità è possibile opporsi con la forza; il male porta sempre con sé il germe dell’autodissoluzione, perché dietro di sé nell’uomo lascia almeno un senso di malessere. Ma contro la stupidità non abbiamo difese. Qui non si può ottenere nulla, né con proteste, né con la forza; le motivazioni non servono a niente. (…) lo stupido, a differenza del malvagio, si sente completamente soddisfatto di sé; anzi, diventa addirittura pericoloso, perché con facilità passa rabbiosamente all’attacco. Perciò è necessario essere più guardinghi nei confronti dello stupido che del malvagio. Non tenteremo mai più di persuadere con argomentazioni lo stupido: è una cosa senza senso e pericolosa. Se vogliamo trovare il modo di spuntarla con la stupidità, dobbiamo cercare di conoscerne l’essenza”.
D. Bonhoeffer, tratto dal testo Resistenza e resa
Dietrich Bonhoeffer parla della stupidità intesa come un problema che riguarda l’umanità della persona non tanto il suo intelletto, un problema sociologico più che psicologico. Bonhoeffer ritiene che lo stupido sia mentalmente dominato da “slogan, motti” che lo accecano e lo allontanano dalla propria essenza di essere pensante. Lo stupido, secondo Bonhoeffer si trasforma con frequenza in “uno strumento senza volontà” capace pertanto di compiere qualsiasi azione malvagia, senza tuttavia esserne consapevole, poiché “incapace di riconoscerla come tale”: proprio per questo motivo Bonhoeffer è convinto che la stupidità non possa essere “vinta impartendo degli insegnamenti”, ma possa compiersi solamente grazie ad un “atto di liberazione”, che per Bonhoeffer coincide con la “liberazione interiore dell’uomo alla vita responsabile davanti a Dio”. Una “liberazione” che si attua confidando “nell’autonomia interiore e nella intelligenza degli uomini”.
Nota: Dietrich Bonhoeffer nacque a Breslavia nel 1906. Teologo e pastore luterano, venne arrestato nel 1943 a causa della sua partecipazione alla attività cospirativa di uno dei circoli che in Germania portavano avanti la resistenza contro il nazismo. Il 9 aprile 1945 fu impiccato nel campo di concentramento di Flossenbürg.
IN MEMORIA DI ERICH FROMM/1
sabato 8 maggio 2010, ore 16.02
“Il problema di una informazione adeguata presenta molte difficoltà, per cui è necessario esaminarlo più in profondità. Le questioni di cui parliamo relative alla politica estera o interna o alla direzione di una impresa non sono forse così complesse e particolari che solo degli specialisti altamente qualificati possono affrontarle? Se così fosse, dovremmo ammettere che il processo democratico, nel senso tradizionale della partecipazione dei cittadini al processo decisionale, non è possibile (…) se l’assunzione della insormontabile complessità e difficoltà dei dati fosse corretta, il processo democratico sarebbe una forma vuota che maschera un governo diretto dai tecnici. Lo stesso sarebbe vero nel processo di direzione. (…) A mio avviso i fatti fondamentali sono accessibili a tutti coloro che si tengono informati leggendo le notizie disponibili (…) Sulla base dei fatti, il cittadino informato, riflessivo e dotato di senso critico è in grado di acquisire le informazioni di fondo di cui ha bisogno per formarsi un quadro dei problemi fondamentali. Si ritiene in genere che, poiché non abbiamo accesso alle informazioni segrete, la nostra informazione sia del tutto inadeguata. Io ritengo che in tal modo si attribuisca troppa importanza all’informazione segreta, per non parlare del fatto che i dati che il servizio segreto ci offre spesso sono manifestatamene erronei (…) la necessità del segreto corrisponde ai desideri della burocrazia. Essa favorisce la gerarchia a vari livelli (…)”.
Fromm nella sua analisi propone una soluzione che consiste nella “partecipazione attiva negli affari del paese intero e degli stati e delle comunità, così come delle grandi imprese” attraverso”la formazione di gruppi di lavoro all’interno dei quali si sviluppano il processo di scambio delle informazioni, il dibattito e la decisione”. Il dibattito sarà costruttivo solamente se volto al “dialogo fruttuoso” in cui “ogni partecipante deve aiutare l’altro a chiarire il suo pensiero (…) Il dialogo implica sempre una mutua chiarificazione e spesso anche una più approfondita disposizione a comprendere gli altri più che se stessi”. Tutto questo deve poi tradursi secondo Fromm in possibilità di agire attraverso decisioni mirate che consentano al pensiero di non inaridirsi e di non perdere la propria forza.
Nota: Erich Fromm (1900-1980) è stato filosofo e studioso di psicanalisi. Ha collaborato a Francoforte con importanti filosofi come Adorno, Horkheimer e Marcuse. Nel 1934 si trasferì negli Stati Uniti, dove trascorse la sua vita insegnando nelle più importanti università. Poche persone però sono a conoscenza del fatto che dalla sua penna provengono in realtà molti discorsi ufficiali, letti poi da noti politici americani.