mercoledì 25 novembre 2015

Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne

Con la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha designato il 25 novembre come Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne e ha invitato i governi, le organizzazioni internazionali e le ONG a organizzare attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica in quel giorno. L’Assemblea Generale dell’ONU ha ufficializzato una data che fu scelta da un gruppo di donne attiviste, riunitesi nell’Incontro Femminista Latinoamericano e dei Caraibi, tenutosi a Bogotà nel 1981. Questa data fu scelta in ricordo del brutale assassinio nel 1960 delle tre sorelle Mirabal, considerate esempio di donne rivoluzionarie per l’impegno con cui tentarono di contrastare il regime di Rafael Leónidas Trujillo (1930–1961), il dittatore che tenne la Repubblica Dominicana nell’arretratezza e nel caos per oltre 30 anni.

Le donne sono la forza del mondo, la sua spina dorsale, lo spirito.

COLOMBIA_U'WA 643Belle parole che si sentono ripetere a volte con intensità, a volte con vuotezza sconfortante. In India, ma anche in America latina, spirito ed ossa al femminile si concretizzano in azioni quotidiane e politiche che formano una pasta poetica, forte e permeante. Per esempio in Colombia gli acquedotti comunitari, forme di sussistenza idrica che le comunità si sono inventate per poter accedere all’acqua, sono spesso gestiti da donne.

Questi acquedotti più o meno artigianali, solidali e rispettosi dell’ambiente, danno da bere a milioni di persone – almeno 4, un decimo dell’intera popolazione colombiana. Alcune di queste donne le stiamo incontrando ed intervistando:  c’è Andrea, figlia di desaparecidos, cresciuta orfana, già madre a 16 anni. Ha cominciato ad occuparsi di acqua quando nella sua comunità nella zona periurbana di Medellin hanno staccato l’approvvigionamento idrico a 45 famiglie su 230 perché non avevano soldi per pagare quelle bollette che in pochi anni erano cresciute in maniera esponenziale. Nella difesa del bene comune acqua, nella gestione partecipata dell’acquedotto, Andrea ha trovato un ruolo. Ha cominciato a studiare, fra qualche mese riuscirà a prendere un diploma in gestione amministrativa:”Le donne sono più attente, sono più precise, e soprattutto, meno conflittive, nella gestione degli acquedotti. A casa siamo picchiate, relegate, maltrattate. Ma attorno agli acquedotti sta nascendo qualcosa che ci fa rispettare, e siamo sempre di più”, ci ha detto. C’è la signora Johana, afrodiscendente originaria del Chocò, che è sempre stata una leader della sua comunità. Fin dai tempi del desplazamento, quando i paramilitari, una dozzina di anni fa, hanno fatto strage del suo popolo e l’hanno allontanata dalle terre che da sempre abitavano lungo il Rio Cacarica, la gente ascoltava lei. “Abbiamo dovuto lasciare le nostre case, i nostri campi, i nostri morti. Qui abbiamo ricostruito la nostra vita. Non c’era acqua, ci siamo organizzati. L’acqua è per tutti, da noi non si paga. Io sono la referente. Ho sempre preso decisioni, ma alla fine gli uomini si prendevano il merito. L’acqua è connessa alle donne. E’ il nostro vero territorio”. (cit.)

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